- Premessa
La figura della giovane romana Filomena si diffonde e conquista i cuori nel 1800, dopo diciassette secoli di silenzio. Ciò è da porre nel piano provvidenziale di rinnovamento di quel secolo, che da un lato fu retaggio della rivoluzione francese e della conseguente scristianizzazione della società europea, dall’altro fu ricco di movimenti spirituali di “nuova evangelizzazione” con la costituzione in tutta l’Europa di congregazioni missionarie, che si diffusero nel mondo, dalle Americhe fino ai paesi dell’Estremo Oriente.
Alcuni esponenti di questo rinnovamento furono attratti dalla nuova “Santina” – Santa Filomena -, le cui reliquie il 10 agosto 1805 furono traslate dalla catacomba di Priscilla, sulla via Salaria in Roma, a Mugnano del Cardinale (Avellino).
Numerosi devoti si affidarono alla sua protezione Tra essi: l’ammalata signorina Jaricot, fondatrice della “Propagazione della fede”, il giovane epilettico Giovanni Mastai Ferretti, che sarebbe diventato Papa col nome di Pio IX, e poi beatificato, il timido sacerdote Giovanni Maria Vianney, il santo curato d’Ars, indicato da S. Pio X come il garante di Santa Filomena. Tutti furono perfettamente guariti dalle loro malattie e fatti strumenti della Divina Provvidenza nella vita della Chiesa, fino ai confini estremi della terra, Americhe e Indie comprese.
- Il “dies natalis”
Con i termini latini dies natalis (= giorno della nascita) viene indicato il giorno del passaggio del santo dalla vita terrena alla vita eterna.
La vita terrena/naturale, anche se fragile, è la base della vita celeste/soprannaturale, che ci è possibile in virtù della vita, morte e resurrezione di Cristo. La conduzione della vita terrena nell’amore dei precetti divini e la sua conclusione fedele agli insegnamenti del vangelo, danno inizio alla beatitudine della vita eterna. Per un martire possiamo affermare ciò che S. Ambrogio scrisse di un’altra giovane, S. Agnese: «Martyrem dixi, satis dixi», cioè: «avendo detto martire, ho detto tutto».
Di Santa Filomena non si hanno notizie biografiche, perciò la sua vita comincia con il ritrovamento del suo corpo e l’inizio dei “segni” offerti ai suoi devoti. Pertanto, per spiegare la sua eccezionale figura, dobbiamo riferirci alle notizie del prelievo del suo corpo dalla catacomba di Priscilla e della sua traslazione a Mugnano del Cardinale. Da allora inizia il suo provvidenziale influsso nella vita della Chiesa.
Il tentativo di redigere una biografia “strepitosa” di Filomena è da considerare come un atto “devozionale”, ispirato alle antiche passiones dei veri o presunti martiri del periodo paleocristiano, presentandoli come eroi e mutuandone le gesta da altri martiri o personaggi pagani.
Ciò che colpisce è una stagione di grazie e miracoli, che riceve poi parallela conferma dai documenti pontifici (da Leone XII a Pio XI), i quali accompagnano gradualmente l’estensione del suo culto.
In tal modo il secolo XIX si arricchisce di un ulteriore intervento soprannaturale, che con molti altri rinvigorisce la vita ecclesiale, proiettata nel terzo mondo con schiere di martiri e confessori.
- Simboli trovati sulla tomba
Sulla tomba, oltre la scritta:
«LUMENA – PAX TE – CUM FI»,
su cui ci sono stati studi approfonditi, c’erano i seguenti simboli:
- a) due ancore
- b) tre frecce
- c) una palma
- d) un fiore.
Ciò che colpisce è la ricchezza della simbologia .
- Il ritrovamento del corpo
Il giorno 25 maggio del 1802, secondo anno del pontificato di Pio VII, avvenne il ritrovamento del corpo di Santa Filomena V. e M. per opera di Monsignor Giacinto Ponzetti, custode delle Sacre Reliquie.
Si era all’inizio del XIX secolo, il 24 maggio 1802. I fossori, che lavoravano a liberare la catacomba di Priscilla da materiali e detriti accumulatisi nei secoli, erano arrivati al centro di essa, non lontano dalla Cappella Greca, molto vicini al grande lucernario . Uno di loro, rimasto sconosciuto, liberando dalla terra una delle gallerie, urtò con la sua zappa delle tegole, che dovevano stare a chiusura di un loculo. Sulle tegole, in ottimo stato di conservazione, era dipinta una palma, uno dei segni o simboli del martirio. Seguendo le istruzioni ricevute da monsignore Ponzetti, l’operaio sospese il lavoro ed andò a riferire la sua scoperta al sacerdote don Filippo Ludovici, secondo custode.
Il giorno 25 maggio del 1802 don Ludovici, accompagnato da molti testimoni, tra cui un altro prete, scese nelle catacombe e sotto i suoi occhi il fossore continuò a scavare, scoprendo una tomba piccola che sembrava di un’adolescente. La pietra funeraria era costituita da tre mattoni sui quali era scritto: “LUMENA PAX TECUM FI”; inoltre vi erano effigiate due ancore, tre frecce, una palma, ed un fiore. Nel loculo era anche un’ampolla rotta, contenente al fondo un deposito nerastro disseccato.
Le venerande reliquie, accuratamente avvolte in cinque involucri, e riposte in una cassetta di legno, debitamente autenticata, furono trasferite con le solite formalità nel Tesoro delle Reliquie che è in Roma, mentre le tegole furono trasferite prima al Collegio Massimo in Roma e poi ai Musei delle Antichità Cristiane in Vaticano.
- Dono del corpo di S. Filomena al sacerdote Francesco De Lucia, tramite Bartolomeo De Cesare, vescovo di Potenza.
Nel 1805, un giovane prete di Mugnano del Cardinale, in diocesi di Nola, don Francesco De Lucia si trovava a Roma come accompagnatore del parroco di s. Angelo a Segno, Napoli, vescovo eletto di Potenza. Questi doveva essere consacrato vescovo il 30 giugno. Don Francesco nutriva un grande desiderio di avere il corpo di un santo martire da portare nel suo oratorio a Mugnano. Nella realizzazione di questo desiderio fu aiutato dal neo vescovo, suo amico che lo presentò a mons. Giacinto Pozzetti, custode delle Sacre Reliquie.
Mons. Bartolomeo de Cesare, oltre ad essere stato eletto vescovo di Potenza, era stato incaricato dal re di Napoli a complimentarsi in suo nome con sua Santità Papa Pio VII, che ritornava a Roma, dove aveva incoronato imperatore Napoleone Bonaparte, dopo un viaggio trionfale attraverso la Francia. L’ambasciatore del re comunicò al Pontefice il desiderio e le premure di don Francesco De Lucia. Pio VII si lasciò commuovere e gli donò il corpo di S. Filomena. Per prevenire le difficoltà derivanti dalla norma, secondo cui i corpi dei martiri con nome dovevano essere donati solo ad un vescovo, il corpo di S. Filomena, l’8 giugno 1805, fu donato da Monsignor Ponzetti al vescovo di Potenza, che a sua volta lo donò a don Francesco De Lucia.
- Da Roma a Mugnano, per Napoli
Il 30 giugno 1805, mentre in Roma si festeggiava l’apostolo Paolo, don Francesco De Lucia assisteva all’ordinazione episcopale del suo amico Bartolomeo De Cesare. Il primo luglio, il novello vescovo ed il suo amico prete lasciano Roma con le reliquie della Santa.
Giunsero a Napoli col sacro deposito il 2 luglio 1805. Deposero le sacre reliquie a casa di un amico del De Cesare, un certo Antonio Terres, gran libraio e molto conosciuto nella città. Con l’autorizzazione del vescovo di Nola, Mons. Vincenzo Torrusio, il vescovo di Potenza, che si trovava a Napoli, aprì le cassette e fece il riconoscimento ufficiale delle sante reliquie, deposte poi nella cappella privata della casa del Terres.
Sparsasi la notizia, molti fedeli facevano visita alla casa del Terres. Per evitare disordini, il corpo di S. Filomena fu esposto per la prima volta alla pubblica venerazione nella chiesa parrocchiale di S. Angelo a Segno, dove restò per tre giorni.
La sera del 9 agosto le sacre reliquie furono trasportate a Mugnano, dove arrivarono la mattina del 10 agosto, nella chiesa di Maria SS. delle Grazie . Poiché i prodigi erano molti ed i devoti diventavano sempre più numerosi, il Vescovo di Nola pregò don Francesco De Lucia di rinunciare all’idea di tenersi le sacre reliquie nel suo oratorio. Per questo motivo si costruì una cappella nella Chiesa intitolata a santa Maria delle Grazie in Mugnano, dove le sacre reliquie furono traslate il 29 settembre 1805. Lì sono ancora oggi, e quella cappella nel corso dell’ormai lungo ordine di anni è stata continuamente abbellita e impreziosita.
Fig. 4: I tre mattoni che sigillavano il loculo di Santa Filomena nelle Catacombe di Priscilla. Custoditi inizialmente a Roma, Papa Leone XII il 21 luglio 1827 li donò al Santuario Santa Filomena. Giunti a Mugnano, furono solennemente esposti alla pubblica venerazione dei fedeli il 4 agosto 1827. Oltre alla scritta, ciò che colpisce è la ricchezza di simboli: due ancore, tre frecce, una palma simbolo di martirio, un fiore. Negli atti della Lipsanoteca si precisa che i segni che identificano una tomba di martire “sono unicamente il vaso di sangue, in vetro o in terracotta, la palma incisa sullo stesso sepolcro o sulla calce che sigilla, o una iscrizione affermante il martirio”. All’esterno della tomba di Santa Filomena, c’è la palma simbolo del martirio ed all’interno il piccolo vaso di vetro col sangue che, come vedremo nei prossimi capitoli, è stato sottoposto ai più rigorosi esami.
Fig 5 – Catacombe di Priscilla: la Cappella greca nelle cui vicinanze c’è il loculo dove fu rinvenuto il corpo di Filomena. Tale ubicazione fa ipotizzare che Filomena sia una martire del periodo post-apostolico.
Fico. 6 – vasetto del sangue trovato all’interno della tomba di Santa Filomena. La presenza di un vaso contenente sangue è segno che la tomba è di un martire. Dopo il decreto del 1961, taluni hanno insinuato che nel vasetto ci fossero profumi e non sangue. Per dirimere la questione, il Rettore del Santuario, Monsignor Giovanni Braschi, nel 2003 ha fatto prelevare dall’ampolla di vetro microframmenti del suo contenuto e li ha fatti analizzare con i più moderni e sicuri metodi che hanno confermato, con ogni certezza, la presenza di sangue nell’ampolla.
Fico. 7 – Mugnano del Cardinale: il Santuario di Santa Filomena, dov’è custodito il sacro corpo della Martire. È meta di pellegrinaggi provenienti da tutto il mondo.
Fico. 8 – La cappella, nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Mugnano del Cardinale, dove sono custodite le sacre reliquie del corpo di Santa Filomena